Il futuro del lavoro all’epoca della rivoluzione digitale modelli virtuosi di lavoro

7 / 2018     RU / ITA
Il futuro del lavoro all’epoca della rivoluzione digitale
Massimiliano Riva presidente e Fondatore di Interlem Srl
Il principale fattore produttivo rimane sempre il capitale umano, mentre il fattore economico più prezioso — per la prima volta nella storia — diventa la creatività.

Massimiliano Riva (Chapter di Milano della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice)laureato in Scienze dell’Informazione presso l’Università degli Studi di Milano nel 1994, inizia la sua esperienza lavorativa nel gruppo IBM, in C.G.I. Consulting, ricoprendo incarichi di crescente responsabilità nell’ambito della consulenza e del project management per il mercato Banking.
Nel 1999 consegue l’MBA della SDA Bocconi di Milano ed entra in SAP Italia presso la Direzione Commerciale assumendo il ruolo di Top Account Manager con responsabilità per il mercato Financial Services. Nel 2002 fonda Interlem, gestendone lo startup iniziale e lo sviluppo successivo. Interlem è oggi una realtà consolidata e specializzata nella realizzazione di piattaforme digitali e servizi IT derivanti da capacità uniche di combinare conoscenza di business, competenza tecnologiche e passione per l’innovazione.
Dal 2003 al 2011 è stato Presidente e amministratore rispettivamente di  AEB Energia SpA  e di Gelsia Calore Srl  società operative appartenenti alla multiutilities AEB (Azienda Energia Brianza) SpA / Gelsia srl.
Dal 2011, inoltre, è coinvolto in Assolombarda ricoprendo nel corso degli anni diversi incarichi tra cui Consigliere del Direttivo Gruppo ICT e Servizi alle Imprese e Consigliere del Direttivo Piccola Impresa. Dal giugno 2016 è Presidente Assolombarda Zona Nord di Milano. 

Alla ricerca delle nuove forme di «welfare»

Grazie al fatto che i membri del Chapter di Milano, nella loro maggioranza, abbiano delle specifiche professionalità nei campi aziendali, dei servizi finanziari, tecnologici e delle trasformazioni economiche ed industriali, si è potuto affrontare i seguenti temi che oggi hanno una grandissima importanza pratica:

1. Della Centralità dell’Uomo come il vero «fattore produttivo» decisivo all’epoca della rivoluzione digitale, visto che il «capitale umano» genera oggi più innovazione rispetto ai capitali fisico o finanziario, così determinanti nel passato.
2. Dell’importanza della «coesione territoriale», cioè della sinergia per elaborare una politica ragionevole per avere infrastruttura e sicurezza adeguate della società civile quando si creano e si diffondono le innovazioni.
3. Della «positività» della condivisione della «buone pratiche» nel campo dell’introduzione di innovazioni. Siamo tutti consci che la trasformazione digitale nel campo economico comporta molti sconfitti tra chi non riesce ad attrezzarsi alla velocità del cambiamento, ed è compito di tutta la società trovare nuove forme di «welfare» che permetteranno di affrontare i cambiamenti senza «demonizzare» il processo di sviluppo delle nuove tecnologie e legate ad esso trasformazioni economiche e sociali.

«Automatizzazione»: tra rischi e opportunità

Si stima che in Italia nei prossimi 15 anni, per effetto della «automazione» e più in generale del combinato fenomeno di «Industry 4.0» e del progressivo sviluppo e diffusione delle tecnologie digitali, saranno a rischio circa tra 2,5 ai 3 milioni di posti di lavoro che sul totale degli occupati equivale a circa il 15%.
Gli elementi che ad oggi possono ridurre questo rischio di «sostituzione per automazione» dei posti di lavoro sono sicuramente la non ripetitività del lavoro svolto e delle mansioni assegnate, il grado di creatività necessaria e richiesta dalle attività e sempre di più le capacità relazionali e sociali. Tutte quelle posizioni ad alta complessità intellettuale e operativa continuano ad essere le meno a rischio «automazione».
Quindi il principale fattore produttivo rimane sempre il capitale umano, mentre il fattore economico più prezioso — per la prima volta nella storia — diventa la creatività. In questo scenario di riferimento il rischio di automazione è maggiore per i giovani rispetto ai vecchi. Questo perché la maggior parte degli occupati con età avanzata ricopre posizione a bassa operatività e ad alto contenuto strategico — sono principalmente dirigenti e team leader. Inoltre, non tutti i giovani hanno o avranno la vocazione al raggiungimento di un titolo universitario o post- universitario. Quindi ci si pone la domanda di dove andranno a lavorare.
Va altresì detto che l'innovazione tecnologica ha però anche effetti positivi poiché abilita la creazione di nuove professioni e nuove filiere occupazionali. Ogni posto di lavoro creato nei settori che afferiscono alle tecnologie avanzate crea in ricaduta ulteriori tre-quattro o addirittura cinque posti di lavoro per elettricisti, idraulici, parrucchieri, carpentieri, assistenti sanitari, necessari alla vita delle imprese. Ecco perché intere regioni e città fanno a gara nell’essere attrattive verso tutte quelle imprese innovative e ad alto contenuto di know-how.

Che cosa dovrebbe fare una regione per diventare «territorio di innovazioni»

1. Incentivare gli investimenti in innovazione, cioè creare le condizioni affinché l’Italia diventi rapidamente un Hub di riferimento in questo senso creando tutte quelle semplificazioni e facilitazioni perché imprese innovative, soprattutto quelle già consolidate e con capacità di assorbire numerose posizioni lavorative altamente qualificate, possano inserirsi nei nostri territori attirando a loro volta altre imprese in filiera, talenti italiani e stranieri.
2. Promuovere quelle politiche e attività di formazione sempre più specifiche degli specialisti e che vadano a colmare il gap che oggi esiste ancora tra i percorsi che scuole superiori e università propongono e necessità che invece hanno in termini di competenza le imprese nazionali e le multinazionali. Un interessante esempio su questo punto può essere quello dei Salesiani di Sesto San Giovanni. Raccogliendo le sfide una nuova vocazione del tessuto economico, hanno cominciato una stretta collaborazione con le associazioni imprenditoriali (Assolombarda e Assobiomedica). Il nuovo percorso formativo disegnato da loro si pone come obiettivo quello di formare figure professionali di Tecnici Superiori per l’automazione e i sistemi meccatronici biomedicali, seguendo un percorso post-diploma di Istruzione Tecnica Superiore.
3. Cercare di raggiungere «la coesione territoriale» intesa come «l’alleanza» tra tutti gli attori «in campo» ai diversi livelli: comuni, città metropolitana, regione, governo nazionale, associazioni imprenditoriali e sindacato. Un tentativo di arrivare a questo obiettivo sta per essere realizzato nel Nord Milano, una realtà territoriale che comprende sette comuni importanti: Paderno Dugnano, Bresso, Cormano, Cusano Milanino, Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Cologno Monzese. Assolombarda si è riorganizzata tenendo conto delle aree omogenee definite dalla Città Metropolitana, individuando un responsabile «politico» per ogni area omogenea. Questa decisione sta offrendo ai sindaci ed alle imprese un’occasione concreta per fare «squadra» ed elaborare così una «nuova» Agenda Economica del Nord Milano in grado di riorientare e sostenere lo sviluppo economico e l’attrattività del territorio. Lo spunto l’hanno dato i grandi progetti di trasformazione e riconversione industriale che interessano questa parte di territorio, a partire dalle aree ex-Acciaierie Falck situate a Sesto San Giovanni. Di fatto, in questo modo, il Nord Milano ha l’opportunità per ridefinire la sua vocazione economica «da area delle grandi fabbriche fordiste» a «area della scienze della vita», in quanto qui si concentra il 9,2% del totale degli addetti del settore industriale life science e il 7,6% dei servizi sanitari private. È un esempio unico di come, individuando una propria vocazione caratteristica, qualsiasi regione può costruire un «modello virtuoso di lavoro» tra tutti gli attori in campo interessati, a beneficio di tutti i cittadini che vi abitano e delle imprese del territorio.

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