Alla pazzia dei coraggiosi

8 / 2018    RU / ITA
Carlo Pontecorvo, presidente Ferrarelle Spa, Francesco Sansone, presidente VALORE
Сhe cos’è lo spirito di un vero imprenditore che sceglie chi vorrebbe essere, come e in che cosa deve migliorare, cosa vorrebbe fare e dove per realizzare i propri sogni più audaci.

Essere imprenditore

Io ho sempre creduto che ognuno di noi nasce con in mano un foglio di quaderno sul quale c'è chi ha scritto il nostro percorso di vita, percorso che possiamo in qualche modo influenzare ma certamente non cambiare. Su cosa significhi influenzarlo e come, questo rappresenta, a mio giudizio, il fattore personale che anima lo spirito d'intrapresa. Mi piace la parola «intraprendere», un verbo forte e pieno di energia, come anche il suo participio presente «intraprendente». Intraprendente è chi ha prontezza nell'ideare e tentare imprese, anche rischiose, da cui può derivare utilità economica o di altro genere. Intraprendente è chi è ricco d'iniziativa nel trovare espedienti e vie nuove, e può essere un uomo oppure un popolo intero! In una ricerca bibliografica sullo spirito di intrapresa, mi sono imbattuto in alcuni romanzi o scritti in cui le storie narrate altro non sono che una metafora dello spirito di intrapresa e del fattore personale.

Tre storie di successo

La prima è un romanzo scritto da Ernst Junger «Tre strade per la scuola», in cui si narrano le vicissitudini di un bambino, Wolfram, nel difficile rapporto con la scuola, dove per colpa del maestro il clima era soffocante e malinconico. Per questo lui preferiva peregrinare per strada che gli consentiva di osservare piccoli e grandi fenomeni della natura e ciò lo avvinceva e lo entusiasmava: ogni giorno allungava il più possibile il percorso, a volte soffermandosi su diversi itinerari da intraprendere scegliendo quello che gli appariva più adatto per allontanare l’arrivo a scuola. Risultato, Wolfram era un pessimo allievo ma dotato di «un grado più intenso di immaginazione, frutto di uno sviluppo psichico altrettanto straordinario» come sentenziò un luminare chiamato dai genitori ad esaminare il caso. Così il romanzo appare suggestivo da indurre il lettore a ritenere l'incertezza del bambino, in merito ai diversi itinerari da intraprendere, come il sintomo del disorientamento di chi è costretto a scegliere tra opzioni alternative nella vita e nel business. Questo faticoso cammino di ricerca alla fin fine conduce l’uomo a comprendere se stesso e gli regala delle conoscenze e abilità uniche. Viceversa può trasformarsi in dedalo, nel quale ci si perde in un susseguirsi di strade chiuse e ciò può indurre ad uno smarrimento tale da spingere alla follia.
Parlando di follia non si può non citare «Il Tribunal della Critica» scritto dal genovese Frugoni in cui il protagonista, un cane di nome Saetta, compie un viaggio visitando le isole di Anticira e di Gastrimargi. In un’isola risiedono cittadini ingordi e crapuloni, i cui valori sono fondati sulle esigenze del ventre. Nell’altra i poeti pazzi, che si esaltano in un processo creativo talmente elevato da rasentare la pazzia e che vengono curati con l'elleboro. La pianta dell'elleboro era considerata dispensatrice di libertà e capace di dare alla mente più vigoria, acume ed elasticità. I matti vengono descritti come buffoni senza età che avanzano sorridenti, voltando le spalle al passato, spediti verso il futuro, solo con il loro spirito, con lo sguardo rivolto verso l'alto. Potremmo dispiegare le vele noi verso Anticira assumendo nel contempo la postura mentale e fisica del Matto!
Per concludere vorrei parlare di un racconto di Herbert George Wells, The Country of the Blind, II paese dei ciechi. Questo racconto ci offre un’ottima metafora: la scelta di una guida andina Nunez tra l'amore e la vista e la sua fuga da questa scelta, perché non ha forza di accettare un compromesso propostogli. Ritornando al tema «Lo spirito di intrapresa ed il fattore personale», vorrei dire che la metafora del bambino Wolfram appare abbastanza eloquente: il successo nella vita è sostanzialmente legato al coraggio di seguire le proprie inclinazioni, mentre il Matto e la guida Nunez esprimono la capacità dí avere una visione prospettica e futuribile dell'intrapresa, nel rispetto di una legalità che coincide con la produzione di utilità dove utile non è solo profitto d'impresa ma capacità di produrre benessere per la comunità. Un imprenditore di successo è sempre un po' folle, ha la mente proiettata nel futuro, è lungimirante, è irremovibile nel perseguire i suoi obiettivi, agisce sempre in ambito relazionale, mira alla produzione di un utile diffuso.

L’imprenditorialità come percorso verso la legalità e l’ordine

Uscendo dalla metaforica fantasia dei racconti, provo ad attualizzare il concetto di spirito d'intrapresa e del fattore personale, alla luce della realtà che oggi viviamo in Italia, in Europa e nel mondo, realtà che si caratterizza con problemi ed eventi che coinvolgono i sistemi economici mondiali ma che soprattutto scuote le coscienze ad assumere atteggiamenti e modelli di comportamento che vadano nella direzione di una sempre più difficile pace sociale e stabilità economica. Tutto ciò accompagnato da una diversa attenzione ai problemi ambientali che risentono fondamentalmente della più elementare mancanza di educazione civica. Dico questo perché ormai non sono più sufficienti per l'imprenditore la curiosità, la passione, l'amore, l'etica, l'umiltà, la ricerca continua del confronto, con i propri uomini o non. L’imprenditore deve avere la visione strategica, la capacità gestionale, deve saper tenere fede ai patti, perché oggi non si può prescindere dall'obbligo di generare per il territorio e sul territorio una ricchezza diversa da quella economica, di destinare comunque una parte delle proprie risorse a sopperire il vuoto lasciato da una amministrazione pubblica sempre meno attenta.
Lo spirito di intrapresa correttamente esercitato darebbe comunque e sempre i suoi frutti applicato indifferentemente ai più sofisticati processi produttivi ipertecnologici o alla digitalizzazione di tutto ciò che ci circonda oppure applicato alle non sempre più modeste attività artigianali. D'altronde il nostro paese fonda da sempre, per una gran parte, la sua capacità di generare ricchezza sulle imprese manifatturiere. Sarebbero nate senza spirito di intrapresa? Avrebbero mai potuto dare all'Italia quella leadership che amministrazioni modeste hanno rischiato di farci perdere? Sembrerebbe quasi che questo spirito praticamente faccia parte del nostro genoma ed in effetti che possa essere trasmesso di generazione in generazione è un dato certo.

La tua attività è il tuo diritto di sognare!

Sono convinto che anche il più piccolo contributo può rivelarsi utile, che l'esempio fornito dal nostro spirito di intrapresa possa rivelarsi indispensabile, che sia al contempo un dovere ed un piacere raccogliere una sfida, correre un rischio, sentire quell'attimo di ebbrezza quando nelle nostre mani si ha la prova di avercela fatta, di aver restituito concretamente al territorio, alla comunità, al paese quello che generosamente ci ha dato. Lo dico perché nel mio caso personale è stata una componente importante del mio spirito d'impresa, una sorta di fattore personale unico, la facoltà oppure il diritto di sognare. I sogni sono stati per me indispensabili, sono stati e sono una sorta di benchmark virtuale, una costruzione ideale di chi vorrei essere, diventare, di come e in che cosa devo migliorare, di cosa vorrei fare da grande di diverso di nuovo, e dove? Lontano, in un altro emisfero, in un altro paese dove vivono civiltà, costumi, religioni, usi, abitudini diverse, perché mi affascina in un certo senso l'ignoto, quello che non si conosce e nel quale ci si vuole tuffare. Tutto ciò apre una meravigliosa prospettiva: ricominciare da capo, dal nulla con una sola grande ricchezza, il proprio fattore personale e lo spirito di intrapresa.