La musica riempie quel silenzio dove si arrestano le parole

5 / 2020     RU / ITA
La musica riempie quel silenzio dove si arrestano le parole
Romano Pucci Flautista (Italia)
Il primo flauto del teatro Milanese La Scala Romano Pucci scopre i segretti del sucesso sulla scena operistica piu’ famosa nel mondo e condivide il suo impressione di collaborazione con i piu’ grandi artisti contemporanei.

LT: Lei ha lavorato per molti anni presso il leggendario teatro alla Scala come flautista. Come e’ riuscito a ricoprire questo posto così prestigioso? Ha avuto dei concorrenti durante il Suo percorso lavorativo all’altezza del Suo prestigio? E, nel caso affermativo, come ha superato gli eventuali impedimenti e le difficoltà?

ROMANO PUCCI: Una carriera lunga 36 anni. Sì, una vita trascorsa nel leggendario Teatro alla Scala, una bellissima «seconda casa», e in ogni spazio di questo teatro ci sono infiniti ricordi ed emozioni che ancora sento, come il primo giorno in cui ne varcai la soglia. Era il 1972 avevo 24 anni, ho lavorato per la Banda Militare della Guardia di Finanza. Un giorno lessi per caso su una rivista del concorso nazionale (allora non era ancora internazionale come invece è oggi) promosso dal Teatro alla Scala per la posizione di «flauto di fila». Ero molto motivato e così mi iscrissi. Lo vinsi ed iniziò la mia carriera nella prestigiosa Orchestra del teatro scaligero. Fu una grande soddisfazione perché il livello dei flautisti era molto alto e tutti con una certa esperienza alle spalle. Misurarsi con loro e vincere quel concorso mi regalò immensa gioia. Nel frattempo nel 1974 il «primo flauto» in prova per 6 mesi fu contestato dalla commissione e non venne confermato per la posizione; conseguentemente il Teatro alla Scala istituì un nuovo concorso per «Primo flauto», al quale partecipai, lo vinsi ed ottenni «il prestigioso posto di Primo flauto». Due concorsi vinti nel teatro scaligero, una immensa emozione, una grande soddisfazione che mai dimenticherò. Un pensiero al mio Maestro Silvio Clerici che nella sua carriera di insegnante vide tre allievi conseguire la posizione di «Primo flauto» nell’orchestra di questo teatro così rinomato, tra i quali il sottoscritto. La concorrenza è stata parte integrante del percorso lavorativo, e lo è in qualunque contesto; la determinazione, la dedizione, e l’impegno costante sono stati ciò che mi hanno permesso di superare difficoltà e ottenere quello che desideravo.

Ci racconti delle sue relazioni con la musica e perchè Lei ha scelto il flauto tra i diversi strumenti musicali? Come è noto, quasi tutte opere classiche dedicate al violino. Il flauto occupa il posto molto modesto raramente ricevendo parte principale. Ci racconti perchè nonostante di quella particolarità Lei ha scelto il flauto come il suo strumento musicale? Non Le sembra che il flauto non sia stato sottovalutato?

Fin da bambino ho sempre avuto una grande passione per il canto. Ero davvero molto bravo, a detta di tutti, e i miei insegnanti mi proponevano spesso come voce solista nel coro di voci bianche della Cappella Sistina a Roma. Mi «vedevano» già con un futuro da Tenore. Poi crescendo mi consigliarono di studiare uno strumento, perché nessuno aveva la certezza che la voce potesse durare nel tempo, e così tra gli strumenti a fiato scelsi il flauto. Durante la crescita infatti venendo a mancare la voce mi rimase il flauto, che fra i vari strumenti mi dava l’impressione che potesse essere molto vicino «alla voce» — alla voce umana — come a quella del Soprano. La sensibilità della mia voce venne così trasferita a questo magico strumento, che comunque per certi versi mi consentì di continuare a «cantare», ma in modo diverso.

Il flauto nell’orchestra è associato all’idea della « prima donna», ricoprendo un posto molto importante

Il flauto contrariamente a quanto si può pensare è considerato uno strumento con una grande letteratura, sia nei concerti solistici che nella musica da camera in generale. Nell’orchestra è associato all’idea della »prima donna», ricoprendo un posto molto importante. Un esempio lo si ritrova nella famosa aria «Casta Diva» dell’Opera «Norma», dove la melodia viene proposta prima dal flauto e poi dalla voce del Soprano. Senza dimenticare che Mozart gli ha addirittura dedicato l’opera lirica «Il Flauto Magico».

Chi e’ il Suo compositore preferito? Il Direttore d’orchestra? Il Cantante (del passato e contemporaneo?)

Amo i compositori romantici che rispecchiano la mia natura romantica. Puccini, è il mio preferito, perché la sua scrittura lascia spazio alla fantasia e alla sensibilità musicale di qualsiasi interprete. E’ una scrittura che ti lascia libero nella interpretazione. Mentre Tchaikovsky fra i vari compositori russi. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di poter eseguire un vasto repertorio con i Direttori di Orchestra più importanti del mondo.
Il Direttore d’orchestra, direi Carlos Kleiber, del quale ho apprezzato precisione, chiarezza del gesto e inoltre eseguiva molto bene Puccini. Senza togliere nulla agli altri, come Chailly, Muti, Abbado, Bernstein, Jurij Temirkanov, e Georges Prἕte, da ognuno di loro c’era da imparare tantissimo, avendo ciascuno una sua identità.
Mentre per il Cantante del passato: Callas, Di Stefano e il Baritono Piero Cappuccilli, Luciano Pavarotti e Mirella Freni.
Citando invece i Cantanti contemporanei: tra i Lirici famosi direi Carreras, Domingo, e Mariella Devia. Ho avuto il piacere di collaborare con tutti quelli che ho citato ad esclusione di Callas e Di Stefano.

Cosa ne pensa di Persimfans? Secondo Lei è possibile realizzarla alla Scala?

Un Orchestra senza Direttore? Si può, ma con un organico da orchestra da camera, avendo come riferimento il «Primo violino» che impartisce dei segnali per l’andamento dell’esecuzione. Se l’organico si ingrandisce per esigenze di programmazione come nelle grandi sinfonie con repertori di Mahler o Tchaikovsky, è necessaria la guida di un Direttore d’orchestra. Alla Scala esiste una formazione « I Cameristi della Scala» che possono eseguire brani con e senza Direttore.

Quali sono le maggiori difficoltà che ha incontrato durante i suoi concerti? E come le ha risolte?

Ogni difficoltà è stata affrontata e risolta grazie ad una preparazione meticolosa, con un accurato studio costante che poi è ciò che consente di gestire e controllare le emozioni per eseguire soprattutto anche brani virtuosistici.

Ci racconti della vita quotidiana dell’orchestra? Come funzionano le prove? Ci sono situazioni facili, con spartiti difficili o viceversa?

Prima di tutto alla base c’è uno studio individuale con ricerca ed approfondimenti degli spartiti e quindi arrivare alle prove già preparatissimi. Lavorare in un teatro così importante richiede sempre serietà, concentrazione ed attenzione, anche perché abbiamo davanti a noi i Direttori più importanti al mondo e questo implica l’esigenza di svolgere il nostro lavoro seriamente e rigorosamente.

Lo studio quotidiano, quindi, per affrontare serenamente ogni cosa con grande rispetto. Non ci sono spartiti facili. Ogni spartito richiede attenzione

Lo studio quotidiano, quindi, per affrontare serenamente ogni cosa con grande rispetto. Non ci sono spartiti facili. Ogni spartito richiede attenzione. Anche le cose che sembrano facili possono diventare difficilissime.

Con quali artisti Lei vorrebbe esibirsi sulla scena teatrale? Con quali Lei ha già collaborato?

Per quanto riguarda la musica ho già collaborato con gli artisti più impostanti del mondo. Sulla scena teatrale al Piccolo Teatro ho collaborato con il regista teatrale Giorgio Strehler e tanti artisti, ad esempio i famosi attori Giancarlo Dettori e Franca Nuti. Ho collaborato anche con famosi artisti della danza come Rudolf Nureyev, Carla Fracci e Luciana Savignano, che, in occasione di un evento «Ensemble Archi della Scala», ho avuto il piacere di accompagnare con il mio flauto sulle note di «Syrink» del compositore Debussy in scenari molto suggestivi come il Teatro greco di Taormina e i Templi di Selinunte in Sicilia. Ed infine un desiderio, essere protagonista di un concerto con musiche di Morricone dirette direttamente da lui.

Se si può paragonare La Scala con una persona, come sarebbe? Chi tra gli artisti del teatro e’ più simile con lo spirito de La Scala?

Paragonando il Teatro alla Scala con un personaggio di ieri, direi Toscanini e Callas. Oggi con Riccardo Muti.

Chi e’ il Suo spettatore ideale? Cosa ne pensa della cultura musicale contemporanea in Europa, Asia, nel mondo intero? Quali sono preferenze del pubblico? Chi tra gli artisti contemporanei preferisce?

Il mio spettatore ideale, è una persona elegante nell’anima e nel cuore, sensibile e che sappia emozionarsi. La mia professione mi ha permesso di viaggiare continuamente in tutto il mondo, confrontandomi con usi e costumi diversi ed imparando a vivere tante nuove realtà. Anche ora con il mio «Ensemble Classica Trio» siamo soliti tenere tournee in Giappone, dove da anni presentiamo la nostra cultura, attraverso la musica e la sua bellezza. Siamo una formazione molto particolare perché composta da un flauto, un clarinetto/mandolino e una chitarra classica. Direi, che’ non ci sono preferenze di repertorio per il pubblico, è un fatto comunicativo. Pensando agli artisti contemporanei ho avuto anche il piacere di accompagnare Roberto Bolle ed Alessandra Ferri, due grandi artisti della danza nel mondo.

Lei ha provato a comporre la sua propria musica? E se l’avesse scritta potrebbe pubblicare un suo album? In questo caso, quale potrebbe essere il suo genere?

Amo eseguire brani dei compositori che hanno reso celebre la storia della musica, per comprenderne le emozioni ed esternare la bellezza che li ha resi ineguagliabili. Mi piace essere un esecutore più che un compositore. Non ho abbastanza materiale per comporre un album, tuttavia mi sono dedicato al completamento di una «Ave Maria», che è stata trovata sotto i pedali di un organo, durante il suo restauro, in una chiesa in Sicilia. La melodia era appena accennata su un foglio di musica ingiallito dal tempo, così l’ho completata e chiamata «Ave Maria Mediterranea «. La eseguo in tutto il mondo e piace a tutti. Ho in agenda un invito per un conerto in programma a Mantova il 20 giugno. Un’occasione per tanti artisti di portare la musica negli ospedali. Sarà la ripresa dopo il lockdown, cercando di trasmettere a chi è più fragile la speranza che nulla è perduto, e che vale la pena di vivere, perchè la musica riempie quel silenzio dove si arrestano le parole.

Текст: Светлана Догадкина