Di che cosa possono parlare principali artisti del palcoscenico di Novosibirsk e di quello italiano, capitate sui posti vicini sull’aereo?
YANA: La Scala è uno dei migliori e più desiderati palcoscenici dell’opera al mondo. Da quanto tempo hai la felicità di lavorare in questo teatro?
MARIKA: Ho iniziato il mio lavoro al Teatro alla Scala nel 2018, ma attualmente, a causa del lockdown, sono occupata a tempo pieno al Teatro dell’Opera di Roma, dove di recente ho fatto diversi concerti solistici. Sarei molto felice di tornare a cantare di nuovo alla Scala perché è un’esperienza davvero strepitosa, dal livello professionale molto alto.
YANA: La Scala è un teatro, ma sappiamo che esiste anche la Filarmonica della Scala. Dove ti esibisci tu? In che cosa consiste la differenza tra queste due strutture: il modo dell’esecuzione, lo stile?
MARIKA: Come soprano riuscire ad avere una bella carriera in Italia è molto difficile, perché siamo davvero tantissime. Quindi cantare in Scala per me è stata una grande fortuna. Lì ho debuttato in diversi ruoli, per esempio, nel ruolo di Nella nell’opera Gianni Schicchi di Puccini, nell’importantissima produzione di Woody Allen. Ho lavorato inoltre con altri grandi registi e direttori d’orchestra: Graham Vick, Liliana Cavani, Gilbert Deflo, Daniel Oren, Adam Fisher, Alan Gilbert, Paolo Carignani. Quindi mi sono esibita sia con l’Orchestra del Teatro alla Scala, che con l’Accademia della Scala. Non mi è mai capitato di lavorare con la Filarmonica, ma so che esegue per lo più il repertorio sinfonico, non Opera, e mi piacerebbe molto un giorno fare un concerto anche lì. Ma io adoro il Teatro, ci lavoro da quando avevo 18 anni: mi attira di più l’adrenalina dell’atmosfera teatrale (costumi, trucco, quinte, attorialità). Ma anche tu ti esibisci in diversi palcoscenici. Quale esperienza ti piace di più?
YANA: Quando stavo per laurearmi al Conservatorio Statale di Novosibirsk, mi sono trovata di fronte a una scelta: andare a teatro oppure occuparmi della musica barocca. Ho sentito per la prima volta la musica del barocco europeo a 16 anni ed ha avuto un’enorme influenza su di me, ho anche scritto la mia tesi di laurea al conservatorio su questo argomento. Si può dire che ha determinato la mia futura strada. Poi ho finito la Schola Cantorum a Basilea e ho scelto consapevolmente la direzione della musica antica e musica da camera. Adesso ho un ampio repertorio che include tutte le direzioni della musica classica: canto sia la musica moderna, sia le opere classiche del XIX secolo, sia le arie d’opera. Sono stata fortunata di esibirmi nelle meravigliose sale da concerti di Vienna, Amsterdam, Praga, Lubiana, Vilnius, Barcellona, Amburgo ecc., persino a Rio de Janeiro e San Paolo! È indimenticabile! Ho anche esperienza del lavoro a teatro: in Austria, Germania, Lettonia ho partecipato nelle produzioni teatrali con registi come Robert Wilson e Vincent Boussard e con molti direttori d’orchestra: Teodor Currentzis, Thomas Sanderling, René Jacobs, Roger Norrington. Non so perché le quinte del teatro non mi abbiano mai attratto. Però di recente introduco comunque alcuni elementi di teatralità nei miei programmi concertistici. Vorrei mostrare agli spettatori diverse sfumature di musica che eseguo, perciò ogni esibizione solista mi piacerebbe presentare come una specie di performance, una sintesi di arti.
MARIKA: Quello che racconti è molto inaspettato, non sapevo che la gente in Siberia fosse interessata alla musica antica europea.
YANA: Penso che sarai ancora più sorpresa quando ti dirò che nel 2015 Novosibirsk è stata la prima città in Russia dove hanno suonato il legendario oratorio di Bach «La Passione secondo Marco» ricostruito da Jörn Boysen. La nostra più grande sala da concerti di musica accademica per mille persone era piena. Ma in realtà per la Siberia è un fenomeno aspettabile: nella nostra regione abitano più di 120 nazionalità la cui storia in epoche diverse si intrecciava in modo molto particolare. Per questo percepiamo facilmente le tradizioni culturali dei popoli diversi e con piacere impariamo qualcosa di nuovo.
Dopo la Seconda guerra mondiale in Germania e nei Paesi Bassi nella musica accademica cominciò ad emergere cosiddetta esecuzione autentica. Questo significava che la musica doveva essere suonata su quegli strumenti e secondo quelle regole che esistevano al momento quando era composta. Fortunatamente nei musei europei ci sono abbastanza quadri che raffigurano gli strumenti musicali del Rinascimento e del Barocco e nelle biblioteche sono stati conservati molti trattati dei secoli XVI–XVIII sulle regole di costruzione degli strumenti e su come suonarli.
Allora i maestri che cominciarono a studiare seriamente la tecnica musicale dell’epoca di Monteverdi e Bach avevano un materiale ricco. La musica antica sicuramente era diversa da tutto quello che conosceva il pubblico moderno, era una specie di underground musicale. Non è sorprendente che negli anni 80 quando questo fenomeno arrivò a Mosca, anche i nostri musicanti erano interessati al suono insolito. In quel momento a Mosca fu creato l’ensemble vocale e strumentale di musica antica «Madrigal» che si esibisce con successo fino ad oggi. A Novosibirsk è apparso anche un gruppo simile con cui ho collaborato, lì il mio amore per il barocco ha fiorito e si è rafforzato definitivamente.
E in Italia c’è anche interesse per la musica antica d’Europa, per le canzoni popolari?
MARIKA: La musica barocca si esegue molto in Italia, ci sono anche dei festival specializzati. La musica folcloristica invece per lo più è eseguita al livello regionale da cantanti amatori. Nei concerti di musica vocale si eseguono spesso мusiche da camera, lieder (canzone sulla poesia tedesca — n. d.t.), chanson, canzoni popolari di diversi autori internazionali. Per me è stato molto interessante interpretare la musica da camera di Rossini, in dialetto veneto, o anche a quella di Joseph Canteloube, in dialetto alvernese (dialetto della regione del Sud della Francia — n. d.t.). E poi ci sono anche le bellissime canzoni napoletane, che sono per me senza concorrenza. Per quanto riguarda la musica da camera mi piace in particolare cantare la musica da camera russa, ad esempio romanze di Tchaikovsky, Mussorgsky, Rachmaninov. «Ne poi krasaviza pri mne» è la mia preferita in assoluto. Infatti se devo scegliere un brano da camera per un concorso o audizione, canto proprio questa!
YANA: Anch’io adoro questa romanza e la eseguo spesso ai concerti. Hai l’esperienza dell’esecuzione delle opere russe? La lingua russa è difficile?
MARIKA: Cantiamo molto spesso opere russe! La musica russa è meravigliosa! Ad esempio ho cantato nella «Dama di picche», in «Eugenio Oneghin». Lavorare con la pronuncia russa mi piace tantissimo, anche se è un lavoro complesso per noi italiani, ma fattibile grazie all’orecchio molto ricettivo. Ricordi quanto grande sia stata Mirella Freni quando cantava meravigliose opere russe grazie all’aiuto del marito Gyaurov? Credo che sia un’ottima occasione per imparare i suoni peculiari della vostra pronuncia e diversi da quelli italiani. Ovviamente ci si fa all’aiuto di un madrelingua russo, che ci legge il testo e così noi perfezioniamo la pronuncia. Però ci sono dei suoni veramente difficili come «zhi», bisogna mettere la lingua a cucchiaio sotto il palato duro così che il suono diventi più russo possibile. Ma sogno di cantare un giorno al Teatro Bolshoi, quindi ho una motivazione seria (sorride).
YANA: Gli artisti di tutto il mondo cercano di venire in Italia per migliorare la loro tecnica vocale. I principali e giovani solisti del teatro Bolshoi hanno fatto stage alla Scala e ancora oggi tale esperienza è considerata inestimabile tra i cantanti russi. Ma allo stesso tempo, anche i cantanti europei hanno l’opportunità di perfezionare la loro arte in Russia. Infatti i teatri Bolshoi e Mariinsky ogni anno accolgono studenti dai paesi diversi nelle loro accademie e i gruppi di stagisti. Penso che sia una buona occasione per lavorare sui dettagli del grande stile «russo».
MARIKA: Io invece purtroppo non ho mai avuto un insegnante russo e conosco la scuola vocale russa solo dall’ascolto delle esecuzioni dei grandi cantanti russi. Tecnicamente non credo che ci sia una grande differenza, ma il suono italiano risulta più chiaro e proiettato.
Riconosciamo subito la voce di un cantante russo perché ha il suono molto scuro, profondo e potente. Questa differenza proviene dalla lingua parlata che determina gli armonici che si vanno a creare nei risuonatori interni: seni nasali e paranasali. Il suono è dato per me da tre semplicissimi fattori: il fiato, la cavità e la pronuncia. Il cantante impara a gestire il diaframma e i muscoli intercostali in maniera volontaria. Il diaframma ben inarcato verso il basso permette alla gola di restare aperta, creando una cavità ampia alzando il palato molle per accogliere più armonici, ed emettere suoni senza tensioni. Ogni posizione della lingua permette di emettere un suono vocalico o consonantico con morbidezza e con la pronuncia corretta in qualsiasi lingua.
Semplicemente nelle lingue slave le vocali si formano in luogo un po’ più profondo, più vicino a laringe, mentre nella fonetica italiana — più vicino ai denti, per questo il suono risulta più brillante. E naturalmente molto dipende anche dalla cultura, dalla mentalità: noi mediterranei siamo molto giocosi, passionali e solari, e voi russi avete questo fuoco ardente che esprimete nella musica con melanconia e nostalgia. E a proposito, proprio in questo modo definiamo la musica russa!
YANA: Certo il sole splende sempre nelle voci italiane, ma voglio far notare che anche nella cultura musicale russa ci sono tante opere gioiose che mostrano diverse sfumature del bello. Semplicemente nella musica italiana canta la bella natura del caldo Mediterraneo mentre da noi è lo splendore della neve in una giornata serena e gelida! «Gelo e sole; giornata meravigliosa» sono le parole del poeta russo Alexander Pushkin.
MARIKA: A proposito, molti pensano che il clima mediterraneo influisca bene sulle capacità vocali, anche se cantare con troppa umidità all’aperto può provocare catarro o l’aria di mare rende la voce un po’ più dura. In Puglia dove tutto è bello — il cibo, il sole e il mare — ci sono voci divine. Ma ho dei colleghi, cantanti russi, che sembra che abbiano le corde vocali di acciaio, possono cantare qualsiasi cosa senza stancarsi mai (ride), saranno temprati dal clima freddo!
Come mantieni la voce durante freddo inverno siberiano?
YANA: Tutti sanno che la tempra è uno dei pilastri della salute di cantante, anzi della salute in generale. Per esempio, è noto che grande Pavarotti inghiottiva pezzi di ghiaccio durante le esibizioni per tonificare l’apparato vocale, mentre noi, vivendo nel clima ipercontinentale, dall’infanzia ci abituiamo agli sbalzi termici. Da un lato, con il freddo si conservano bene la giovinezza e la bellezza, ma dall’altro lato bisogna ammettere che l’aria da noi è troppo secca. Perciò il nostro obiettivo è quello di mantenere continuamente il giusto livello di umidità nel nostro corpo. Beviamo le tisane, facciamo inalazioni con le erbe. I miei ingredienti segreti sono le bacche acide siberiane: mirtillo di palude e mirtillo rosso. Un sacco di vitamine! E tu come ti prendi cura della tua voce?
MARIKA: Il segreto principale è una grande cura del proprio corpo come di uno strumento, ma quello che è soprattutto importante, bisogna essere convinti di fare un mestiere desiderato. Del resto siamo dei veri atleti, ci serve disciplina e rigore! Per mantenere la voce in allenamento secondo me è necessario fare i vocalizzi continuamente. Ci sono anche tecniche di rilassamento, di respirazione, e un regolare esercizio fisico per mantenersi elastici. La dieta è inanzittutto evitare alcol o cibi pesanti prima di una performance. Personalmente prima di cantare non riesco a mangiare nulla. Per la salute della gola uso solo i rimedi naturali: miele, propoli, erisimo, bromelina che nello specifico aiuta a drenare il microcircolo delle corde vocali.
YANA: Sono assolutamente d’accordo. La vita sana è molto importante: il corpo è il nostro strumento e da come ci sentiamo dipende l’umore del concerto. Lo spiego sempre ai miei studenti del conservatorio dove lavoro da qualche anno. E tu hai dei maestri o colleghi che ti trasmettono i segreti dell’arte? Qual è la cosa più preziosa che ti hanno insegnato?
MARIKA: L’insegnante che mi ha spiegato bene il ruolo del corpo nel canto è un soprano Donata D’Annunzio Lombardi. Lei lavora molto sull’influenza dello stato mentale del cantante sul corpo. Poi ho avuto la fortuna di conoscere alla Scala Eva Mei, da cui ho imparato a vivere in mondo musicale con solarità e disponibilità e grande tenacia. Ho studiato anche con Francesca Patanè, la figlia del famoso direttore Giuseppe Patanè. Lei ha una grande esperienza, poiché sin da bambina ascoltava nello studio del padre grandi cantanti come Caballé, Pavarotti. Con lei ho approfondito il repertorio lirico drammatico, che sto affrontando in questo periodo. Inoltre attualmente studio spartito con il direttore d’orchestra, il maestro Nicola Marasco, con cui perfeziono il repertorio. Sai, come succede spesso nel nostro mondo ci si lega molto grazie alla stessa sensibilità e affinità artistica a persone dello stesso ambiente, così lui è diventato anche il mio compagno di vita. È stato fantastico poter lavorare con Woody Allen. Sai come è riuscito a farci «immedesimare» completamente nei personaggi del suo Gianni Schicchi?.. Per rendere la storia più reale ci ha spinto a creare delle relazioni dirette tra noi cantanti, senza rivolgerci mai al pubblico, a dimenticare che qualcuno ci vede, come se fossimo in un film. Tutto sommato il consiglio principale di tutti gli insegnanti per me è la sensazione della libertà mentre si canta, la possibilità di sentire veramente la voce libera e sentirsi pienamente nel personaggio. È un obbiettivo e una base di partenza. È difficile da raggiungere, però quando lo raggiungi capisci che tutto quello che ti hanno insegnato ha un senso. E tu hai gli insegnanti preferiti?
YANA: Nel conservatorio la mia professoressa era l’artista emerita della Russia Rimma Zhukova. Per più di 30 anni si è esibita come solista principale del Teatro dell’opera di Novosibirsk e per più di 40 anni ha insegnato nel Conservatorio di Novosibirsk. Rimma Iosifovna ha cresciuto molti cantanti che ora cantano nei teatri di tutto il mondo compresi quelli italiani. In Svizzera ho studiato con Emma Kirkby, Evelyn Tubb, sono cantanti specializzate nell’esecuzione della musica antica. Adesso mi insegna Ira Siff — cantante, professore, regista, giornalista e commentatore delle trasmissioni di Metropolitan Opera, collaboratore regolare della rivista Opera News, che sovrintende Met Opera Guild; tiene anche master class con grande Renata Scotto.
Sono molto grata a tutti i miei insegnanti che mi hanno trasmesso i loro segreti dell’arte professionale e cultura del palcoscenico. Nel Conservatorio di Novosibirsk ho acquisito competenze tecniche di base e mi sono formata come solista, mentre la scuola europea mi ha dato il senso di stile e una buona conoscenza delle tradizioni dell’esecuzione della musica antica. E con il mio attuale insegnante affino l’arte del bel canto e lavoro con il repertorio romantico.
MARIKA: Ma tu lavori anche con gli studenti. Che ne dici della tua esperienza come insegnante?
YANA: Sono sul palcoscenico ormai da 25 anni, mentre all’università insegno dal 2009 e posso già dire di sicuro che esecutore e insegnante sono due professioni completamente diverse che bisogna imparare separatamente. Peraltro studiando ogni giorno. Il mio scopo non è solo quello di dare agli studenti certa base professionale, insegnargli la tecnica, anche se per questo è sicuramente la prima priorità. A ognuno cerco di aiutare a superare l’ansia da palcoscenico e rivelare davanti all’ascoltatore tutta la bellezza del proprio talento, del proprio timbro unico. Nel mio approccio alla tecnica del canto punto sulla scuola di canto italiana e sui principi di bel canto e continuo a studiare la letteratura su questi argomenti.
Adesso sto per ottenere il titolo accademico di professore associato e guardando indietro mi rendo conto che ho già quello di cui posso essere orgogliosa: decine di alunni, le cui voci, Dio volesse, risuoneranno per tutto il mondo. Amo ognuno di loro e osservo ognuno come se fosse mio figlio. Essendo insegnante mi interessa sapere com’è la moderna scuola di canto italiana. Come sono cambiati gli approcci all’insegnamento degli artisti del teatro musicale dal XIX secolo, quando è stata fondata l’Accademia della Scala?
MARIKA: La cosiddetta vecchia scuola si basa sull’esperienza diretta dei grandi cantanti, i quali avevano sicuramente delle grandi potenzialità naturali e istinto. Loro hanno cercato di trasmettere le loro personali sensazioni attraverso una tecnica basata sulla propria esperienza e propria fisicità. Quindi possiamo forse dire che non c’era una vera scuola ma una certa selezione naturale dei cantanti. Dopo una lunga tradizione adesso la scuola di canto permette a più persone di fare la carriera da cantante. Sicuramente gli studi si sono approfonditi anche al livello anatomico. Attualmente il cantante oltre alla tecnica musicale (respiro, spartito, ecc) presta anche molta attenzione su tutto il corpo, come un unico strumento musicale. La giusta postura, la giusta energia ed elasticità permettono di esprimere il suono in tutte le sue sfaccettature. È un lavoro complesso e completo, che dopo tutto permette anche di cantare in ogni situazione registica con libertà vocale. Tuttavia il talento in ogni caso si rivela fondamentale! Penso che la moderna scuola musicale italiana sia un certo mix di tradizioni e tecniche. Anche perché ormai l’insegnamento porta un carattere internazionale. I cantanti si spostano all’estero e tanti insegnanti stranieri vengono in Italia.
YANA: Come ha influenzato la pandemia alla tua vita professionale e anche a quella dei tuoi colleghi? Cosa ti ha aiutato a mantenere la voce in forma?
MARIKA: Durante il lockdown ho cercato di praticare il più possibile e mi sono divertita a cantare tutto quello che volevo. Non ho cantato sicuramente sul balcone come avrete visto in TV, però ovviamente le nostre esecuzioni con il mio compagno al pianoforte si sentivano in tutto il palazzo. I vicini di casa mi ringraziavano per le emozioni positive che gli abbiamo regalato con i nostri piccoli spettacoli privati in un periodo così difficile.
YANA: Anche noi eravamo costretti a ridurre le nostre attività per qualche tempo ma per un periodo più breve rispetto all’Europa. Dalla nuova stagione facciamo le prove e ci esibiamo sul palcoscenico. Immagino quanto aspettiate l’incontro con gli spettatori. Parlando durante videoconferenze con i miei colleghi da Italia, Germania, Paesi Bassi, li sostengo quanto posso ma in mezzo a questa situazione drammatica mi hanno commosso tanto le parole di una mia amica tedesca: «Yana, canta per tutti noi!» E poi mi mancano moltissimo i viaggi. Mi piacerebbe incontrare presto i miei amici e colleghi europei, passeggiare di nuovo per i posti preferiti e sicuramente per bella Milano.
MARIKA: Ti farei conoscere Roma con piacere, la città dove vivo adesso. Roma è infinita, non si finisce mai di visitarla. Ogni mattina faccio una lunga passeggiata per ammirare la città e spesso scopro nuovi posti. Sono innamorata di Roma, e vorrei continuare a vivere qui. Ma mi piacerebbe anche vivere un giorno in Giappone. Adoro la loro cultura. Poi ti porterei in Puglia, il tacco dello stivale d’Italia, la regione dove sono nata. In Puglia c’è tutto: le montagne del Gargano, le colline della Murgia, le isole, i laghi e due mari meravigliosi che circondano la penisola, dai litorali sabbiosi e scogliosi, il clima è caldo e mediterraneo. L’unico problema della Puglia è che si mangia troppo bene, dalla carne al pesce, i latticini, il vino, il pane e i prodotti della terra. Ti farei assaggiare la focaccia, i panzerotti, i taralli, che mia mamma cucina molto bene, e anche le ciliege dal giardino di mio padre, di cui prima si occupava anche mio nonno.
Un’altra specialità pugliese è mangiare il pesce crudo: la tagliatella di mare, che sarebbero le seppie tagliate come spaghetti larghi, le cozze, il polipo e anche i ricci di mare. Non so se ti piacerà, ma si pescano e si mangiano direttamente vicino al mare. Forse per questo mi sento vicina ai giapponesi, e magari ai russi siberiani, o mi sbaglio? (Ride)
YANA: A mia volta, ti invito in Russia. Ti consiglio di iniziare con la bella San Pietroburgo, la città più «europea» della Russia, la chiamano la Venezia del Nord. Poi senza dubbi Mosca, e dopo prendi il treno e vai al tesoro unico della Siberia, lago Baikal, passando per Novosibirsk. Ti farò conoscere il nostro teatro dell’opera, il conservatorio, visiteremo Akademgorodok, centro scientifico di livello mondiale che è stato costruito negli anni 50–60 del secolo scorso praticamente in mezzo alla taiga siberiana. Ti farò senz’altro assaggiare i pelmeni siberiani, è una specie di ravioli italiani, un piatto sazievole caldo con ripieno di carne. E poi di sicuro preparerò per il tuo arrivo un vasetto di miele buonissimo dall’apiaio di mio padre. L’apiaio si trova in un posto pittoresco: alte rive di un piccolo fiume siberiano, campi infiniti, diverse erbe siberiane.
Quando devo cantare qualcosa di molto russo, come Rachmaninov per esempio, torno con la mente ai paesaggi della mia infanzia, provando il calore della casa paterna.
MARIKA: Sogno che la pandemia finisca presto e che tutti i nostri sogni dei viaggi si realizzino. E spero anche che questo periodo di chiusura risvegli un po’ nel pubblico la volontà di tornare a teatro. La gente è stata allontanata dal livello culturale dell’opera, perché purtroppo nella scuola italiana la musica non ha tanta importanza, e quindi il popolo non è istruito abbastanza per potere conoscere e apprezzare la musica. Basterebbe davvero poco, per esempio io mi sono innamorata della musica classica grazie ad un’insegnante di scuola che ci ha fatto vedere il film sulla vita di Mozart, ed io ho esclamato «Che bella la vita dei musicisti!» Adoro Verdi e Puccini, le mie opere preferite sono: La Bohème, Tosca, Rondine, Madama Butterfly, L’Otello e Falstaff. Floria Tosca è il mio personaggio preferito, perché è gelosa, passionale, ma buona e adatta alla lama nella voce che dicono io abbia. Credo che cantare Tosca sia il sogno di ogni soprano.
YANA: Tosca è un personaggio bellissimo: una donna innamorata, pronta a fare tutto per la sua persona amata! Credo che tu possa interpretare perfettamente questo carattere! Che ne pensi dell’improvvisazione, dello sperimento sul palco? Qual è stata la tua esperienza scenica più particolare?
MARIKA: Sperimentare sulla scena è proprio necessario perché il cantante deve sentirsi libero di esprimersi. Se fai un ruolo in un’opera ovviamente devi rispettare il personaggio e le scelte del regista. Ma in concerto puoi darti la libertà di esprimere tutto quello che senti dentro, altrimenti in che cosa consiste il fascino del nostro lavoro? Semplicemente ogni improvvisazione deve essere elegante. Una volta in un concerto, il mio partner, tenore, ha dimenticato il testo e cantava in duetto con me parole che non esistono. Non riuscivo a fermare la risata! Sono stata costretta di coprire la faccia con la mano con un gesto teatrale e facendo finta di piangere, sono corsa via dalla scena. Il mio tenore ha continuato il duetto da solo e il pubblico ha creduto veramente che fossi commossa.
Ma l’esperienza più straordinaria per me è stata quella di cantare l’opera ai bambini. Quello che trasmettono loro non te lo regalerà nessun’altro: la meraviglia nei loro occhi sorprende! Proprio per questo per me è inammissibile il fatto che a scuola non insegnino la musica classica. Peccato, perché saremmo tutti un popolo migliore!
YANA: Sono d’accordo che l’amore per la musica classica e la capacità di ascoltarla devono essere sviluppate fin dall’infanzia. Che bello che sia voi che noi abbiamo tali tradizioni! Anche nel Teatro dell’opera di Novosibirsk ci sono le opere per bambini, nella Filarmonica c’è un abbonamento speciale per bambini: programmi musicali speciali per i bambini e i ragazzi, per le età diverse dalla nascita alla scuola superiore. Inoltre moltissimi bambini frequentano le scuole musicali — quasi ogni famiglia russa dell’intelligencija ha un pianoforte in casa. So che anche in Italia la musica classica si può sentire continuamente in molte case, almeno nelle famiglie italiane che conosco.
Credo che l’arte aiuta a formare una persona armoniosa, sviluppare l’etica dei rapporti umani e in questo senso non è possibile dividere la cultura in russa ed europea: c’è una cultura mondiale, nel cui contesto esistiamo tutti noi. E la musica classica è la sua lingua universale, grazie al quale capiamo senza parole l’altezza dei sentimenti, delle idee e dei valori universali, concetti comuni sulla bellezza e l’armonia della vita.
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