È bene che tu esisti

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È bene che tu esisti
monsignor Mauro Longhi sacerdote della Prelatura dell'Opus Dei, ha lavorato a Roma con il primo successore del Fondatore, il Beato Alvaro del Portillo, e presso la Santa Sede durante i Pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI

L’amore che dice sì alla persona, confermando che la sua esistenza è stimata e voluta, coinvolgendo tutte le sue potenzialità e includendo l’uomo nella sua interezza, perché possa a sua volta donare agli altri il suo rispetto, la sua comprensione e il suo perdono!
Proprio a questo sentimento ricco e complesso è dedicata la nostra conversazione con monsignor Mauro Longhi, esponente dell’alto clero italiano.

LT: La definizione di Amore della Prima Lettera ai Corinzi è nota a molti. Ma se la traduciamo in un linguaggio contemporaneo, come potrebbe essere espressa in modo conciso, sintetico e comprensibile per tutti? E come possiamo descrivere l’Amore: è un sentimento, uno stato, una qualità di una persona?

MAURO LONGHI: Sì, il capitolo tredicesimo della I Lettera ai Corinzi è noto giustamente come “inno alla carità” o inno all’agape se ci riferiamo al vocabolo greco usato da San Paolo. L’agape è l’amore propriamente cristiano, tradotto come carità dagli scrittori latini.
L’Apostolo delle Genti ne sottolinea in primo luogo la assoluta necessità e superiorità perché essa, la carità, è una virtù e di tutte le virtù è la più grande (cfr I Cor 13,13); ne evidenzia in secondo luogo la eccellenza su tutti i doni che Dio ha variamente ripartito tra gli uomini. Ne parla ampliamente nel capitolo precedente della sua succitata Lettera, chiamando questi doni carismatici e affermando che essi possono essere meravigliosi, particolarmente spettacolari, ma senza l’amore essi non servono a nulla a chi li ha ricevuti: un giorno i doni carismatici cesseranno ma l’amore invece “non avrà mai fine” (I Cor 13, 8).
Preciso però che l’amore nella Lettera paolina non viene definito ma ampiamente descritto soprattutto nella sua operatività. È nel vissuto quotidiano dove per Paolo l’amore dispiega tutta la sua meravigliosa fecondità perché esso è divino: “l’amore di Dio – scrive -  è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5,5).
Ma tutto questo ha qualche rilevanza per l’uomo di oggi?
Nel linguaggio contemporaneo il termine amore sovente viene tradotto voler bene, con espressioni ben note come “ti voglio bene da morire” oppure “ti vorrò bene per sempre” che è voce di un amante che dice un sì incondizionato verso l’amato. Veniamo amati non in base a questa o quella qualità ma amati nella e per la nostra stessa persona che è “qualcosa” di più della somma di qualità.

“È bene che tu esisti”: ha definito così l’essenza dell’amore
il grande filosofo e teologo, Josef Pieper, nel suo trattato sull’amore teologale, cogliendo davvero nel segno! (cfr Lieben, hoffen, glauben, Monaco 1986, p.45). L’amante scopre la bontà dell’essere in questa persona, è felice della sua esistenza,
dice sì a questa esistenza e la conferma

Proprio se prendiamo la parola voler bene nella grandezza del suo significato originario, diventa quasi impossibile definire che cosa la parola indichi precisamente: così ricco e così complesso è il fenomeno che vi si intende.
Malgrado però la molteplicità dei suoi aspetti e dei suoi livelli, noi possiamo dire che esso denomina un atto di generale approvazione verso un altro, un sì nei riguardi di ciò a cui l’amore viene indirizzato. “È bene che tu esisti”: ha definito così l’essenza dell’amore il grande filosofo e teologo, Josef Pieper, nel suo trattato sull’amore teologale, cogliendo davvero nel segno! (cfr Lieben, hoffen, glauben, Monaco 1986, p.45). L’amante scopre la bontà dell’essere in questa persona, è felice della sua esistenza, dice sì a questa esistenza e la conferma.
Pertanto l’amore non è soltanto un sentimento. I sentimenti vanno e vengono. Il sentimento non è la totalità dell’amore. È proprio della maturità dell’amore coinvolgere tutte le potenzialità dell’uomo e includere, per così dire, l’uomo nella sua interezza (cfr Fernando Ocàriz Carità senza Dio?, Ed Ares,  Milano 2016, p. 11)

Quanto l’Amore è fragile o al contrario invulnerabile? È possibile dire che nel mondo moderno c’è poco Amore oppure lo spazio intorno a noi ne è sempre pieno, ma bisogna imparare a trovarlo dappertutto. E come farlo? Riempire d’Amore se stessi e ciò che si fa quotidianamente? Soprattutto nei momenti difficili, quando sembra che l’Amore sia morto nell’anima. E in generale, dove nasce l’Amore fin dal principio, forse nella famiglia?

Al riguardo, ci ostacola, come abbiamo già menzionato poco fa, un problema di linguaggio. Il termine amore con la a minuscola, è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate, alla quale annettiamo accezioni del tutto differenti.
Scriveva Benedetto XVI nella sua prima Enciclica Deus caritas est: “Ricordiamo in primo luogo il vasto campo semantico della parola amore: si parla di amor di patria, di amore per la professione, di amore tra amici, di amore per il lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e familiari, dell'amore per il prossimo e dell'amore per Dio. In tutta questa molteplicità di significati, però, l'amore tra uomo e donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e all'essere umano si schiude una promessa di felicità che sembra irresistibile, emerge come archetipo di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono.” (n.2)
All'amore tra uomo e donna, che non nasce dal pensare e dal volere ma è innato nell’essere umano, l'antica Grecia ha dato il nome di eros. L'Antico Testamento greco usa solo due volte la parola eros, mentre il Nuovo Testamento non la usa mai: delle tre parole greche relative all'amore — eros, philia (amore di amicizia) e agape — gli scritti neotestamentari privilegiano l'ultima, che nel linguaggio greco era piuttosto messa ai margini. Quanto all'amore di amicizia (philia), esso viene ripreso e approfondito nel Vangelo di Giovanni per esprimere il rapporto tra Gesù e i suoi discepoli.
La messa in disparte della parola eros, come capacità di amare in modo ebbro, irresistibile – dove la sopraffazione della ragione guida l’uomo verso una assoluta e intensa beatitudine egoistica e sensuale –, insieme alla nuova visione cristiana dell'amore che si esprime attraverso la parola agape – che include la dimensione di alterità e di servizio –, denota indubbiamente nella novità del cristianesimo qualcosa di essenziale, proprio a riguardo della comprensione dell'amore.

La Rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare
la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all’amore:
il Matrimonio e la Verginità. Sia l’uno che l’altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell’uomo, del suo essere ad immagine di Dio

Secondo Friedrich Nietzsche, il cristianesimo avrebbe dato da bere del veleno all’eros, che pur non morendo ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio (cfr. Jenseits von Gut und Böse, IV, 168). Il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non rende forse amara la cosa più bella della vita?
In tal senso Benedetto XVI rispondeva a Nietzsche scrivendo nella sua enciclica sull’amore che l’eros indisciplinato e senza freni non è ascesa verso Dio, non è estasi ma piuttosto degradazione dell’uomo, caduta nel mondo degli istinti: “L’eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice della esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende” (Lett. enc Deus caritas est, n.4).  Possiamo pertanto dire che nel mondo ci sono molti “amori” ma spesso manca l’Amore, quello che porta l’uomo a percepire di essere amato come persona e di poter amare gli altri con una capacità di donare a tutti non solo delle cose ma se stessi: rispetto, comprensione e perdono.  Ricordiamoci di queste mirabili e semplici asserzioni di San Giovanni Paolo II sull’amore con la A maiuscola: “Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore.
“Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in sé stesso un mistero di comunione personale d'amore.
Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione (cfr. Concilio Vaticano II, Cost. pastorale Gaudium et Spes, 12). L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano.
“In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso partecipe dell'amore spirituale.
“La Rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia l'uno che l’altra nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell'uomo, del suo essere ad immagine di Dio (San Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Familiaris consortio, 22 novembre 1981).
Questo Amore sì, è invulnerabile perché non è solo umano ma divino: questo Amore promette infinità e eternità! Mira infatti alla eternità, essendo estasi come cammino di espropriazione del nostro io chiuso in se stesso, è liberazione nel dono di sé verso la scoperta del vero Dio che è amore. Questo Amore si sperimenta primariamente in famiglia ma non nasce dalla famiglia: nasce da Dio, è donato da Dio ad ognuno. La fede cristiana ci dice che esso è donato da Dio nel sacramento del Battesimo: è un Amore che si dice ascendente e discendente; è eros che dà la capacità all’uomo di cercare Dio ed è agape che trasmette agli altri il dono ricevuto da Dio.
Per questo quotidianamente l’uomo può ravvivare in se stesso l’Amore che gli è stato donato da Dio intrattenendosi con Lui nella preghiera e così sempre nuovamente imparare ad amare come Dio ama.

Qual è per Lei l’esempio più eclatante di Amore sereno, puro ed eterno nella storia dell’umanità? Se si tratta di un esempio di alto livello spirituale, come quello di Gesù, come può ogni persona trasporlo nella propria vita?

È Cristo che è la incarnazione del cuore di Dio Padre, inviato da Lui per redimerci, vale a dire per riscattarci dalla schiavitù del peccato e dal dominio del demonio che, come sappiamo per Rivelazione divina, è un angelo ribelle, chiamato così perché ha rifiutato la volontà di Dio. Come può una persona trasporre l’esempio di Cristo nella propria vita? Mediante i Sacramenti che la Chiesa cattolica insegna essere segni visibili, materiali, efficaci perché producono la grazia (capacità di vivere la vita divina già qui su questa terra). Sono sette. In modo particolare il Battesimo ci rende partecipi della vita divina come figli adottivi, membri della famiglia di Dio. 
Nell’ultimo libro della Sacra Scrittura, l’Apocalisse, si leggono queste parole pronunciate da Gesù: “Non temere. Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,17-18). In Cristo tutta la storia trova inizio, senso, direzione, compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e resurrezione, tutto è stato già detto. È il Vivente: era morto ma ora vive per sempre, Egli è l’Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr. Ap.5,6): è immolato perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l’infinita onnipotenza dell’amore del Padre.
Cristo è presente nel tempo e nello spazio degli uomini. Ha posto “la sua dimora” tra di noi: questa dimora si chiama Eucaristia, che significa Sua presenza reale sotto le specie del pane, cioè sotto le apparenze del pane che i sacerdoti della Chiesa, mediante le parole di Cristo della Ultima cena, “consacrano” vale a dire trasformano in Corpo di Cristo, conservando il pane consacrato nei Tabernacoli del mondo. I Sacramenti ed in particolare la Eucaristia donano all’uomo la capacità di amare con l’Amore di Cristo perché nella Eucaristia l’uomo si unisce a Cristo e diviene una sola cosa con Lui.

Come Lei capisce che un lavoro, un prodotto o un’opera d’arte sono fatti con Amore? È sempre fatto in modo bello, armonioso, creativo o ancora in altri modi? Ci dia qualche esempio.

Un lavoro è fatto con Amore innanzitutto quando è fatto compiutamente con professionalità, anche nei dettagli, quando è ben fatto.
Molti lavori realizzati a metà, mai conclusi, o eseguiti con leggerezza e improvvisazione denotano molto spesso una carenza di motivazione. Io mi domando: perché lavori e a quale scopo?
La finalità è importante. Perché non si tratta semplicemente di aggiungere al lavoro un qualcosa di esteriore perché si possa dire: questo lavoro è fatto con Amore. Ciò che porta ad un lavoro di qualità viene determinato dal modo di lavorare. La finalità intrinseca del lavoro-ripeto-è rilevante. Chiedo anche a me stesso: ma questo lavoro lo fai per amore di Dio  e per servire gli altri?

L’uomo non deve limitarsi a fare delle cose, a costruire
oggetti. Il lavoro nasce dall’amore, manifesta l’amore,
è ordinato all’amore

Diceva un santo della Chiesa cattolica: “L’uomo non deve limitarsi a fare delle cose, a costruire oggetti. Il lavoro nasce dall’amore, manifesta l’amore, è ordinato all’amore” (San Josemaría Escrivà. È Gesù che passa, Ed. Ares, Milano 2015, n 48).
“La Pietà” di Michelangelo, mirabile scultura conservata nella Basilica di San Pietro, non dimostra forse la eccellenza di un lavoro realizzato con maestria e devozione?
Gli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova, non sono un capolavoro di pietà cristiana e di bellezza pittorica?
Così si potrebbe dire di tante composizioni musicali: una musica stridente, come certe espressioni dell’hard rock spesso è espressione di un disagio di colui che ne è l’autore.
Ma cambiando totalmente l’analisi di un lavoro ben riuscito, potremmo affermare che una seduta di un Consiglio di Amministrazione di una Società sarà davvero frutto di un lavoro ben fatto da parte dell’Amministratore Delegato se l’oggetto dell’incontro è chiaro, studiato, documentato.

Cosa succederà se le persone smetteranno di amare? Infatti non moriremo, non diventeremo più poveri e in alcuni momenti la vita sarà perfino più facile, più tranquilla, più comprensibile. Forse si troveranno anche dei sostituti dell’amore: la gioia del possedere qualcosa, il piacere, la passione, il comfort... Cosa perderemo se l’Amore scomparirà?

Se l’Amore scompare, scompare anche la stessa ragion d’essere della nostra vita; svanisce il senso della nostra esistenza.
Non esistono sostituti del vero amore: sono surrogati o droghe.
La vita non vale la pena di essere vissuta se non c’è un amore che afferma che tu sei voluto, stimato, amato.
La nascita biologica non basta. Noi possiamo accogliere il nostro io solo nella forza della accettazione del nostro essere che viene da un altro. Questo sì dell’amante attribuisce a noi la nostra esistenza in un modo nuovo e definitivo. Noi riceviamo una specie di rinascita senza la quale la nostra nascita resterebbe incompleta e ci lascerebbe in contraddizione con noi stessi. Per trovare rafforzata la validità di questa affermazione, basta conoscere la storia di persone che non sono state accolte da un amore, che sono state abbandonate, derise e disprezzate. Mi è stato regalato da un amico anni fa un piccolo libro dal titolo “Il Vangelo di Barabba”. L’ho smarrito. Raccoglieva testimonianze di persone giovani disperate, sofferenti perché abbandonate a sé stesse. 

La nascita biologica non basta. Noi possiamo accogliere il nostro io solo nella forza della accettazione del nostro essere che viene da un altro. Questo sì dell’amante attribuisce a noi la nostra esistenza in un modo nuovo e definitivo

Ricordo a memoria una di queste testimonianze. Era di un ragazzo di 15 anni che diceva: “Io non credo in Dio. Io sono sempre stato sfortunato e nessuno è mai venuto ad aiutarmi. Il giorno in cui qualcuno mi amerà, allora io crederò”. Il giovane è morto suicida.Soltanto la rinascita di essere amati completa la nascita biologica. Questa affermazione ci può aiutare a comprendere qualcosa del mistero della creazione e della redenzione. Qui si capisce che l’amore è creativo e che l’amore di Dio fu la forza che creò dal nulla l’essere, il vero terreno su cui sta ogni realtà (cfr. Joseph Ratzinger, Guardare Cristo, Jaca Book, Milano 1989, p. 71-77).