La famiglia umana: duemila anni dopo cosa?

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monsignor Mauro Longhi sacerdote della Prelatura dell'Opus Dei, ha lavorato a Roma con il primo successore del Fondatore, il Beato Alvaro del Portillo, e presso la Santa Sede durante i Pontificati di Giovanni Paolo II

Familia, quid dicis de te ipsa? Famiglia che cosa dici di te stessa, chi sei tu?  Una domanda, una domanda che aspetta una risposta.
In realtà sono due le domande che in relazione alla famiglia umana possono sorgere in noi ogni volta che riandiamo agli inizi, al principio del nuovo evo cristiano: in che cosa oggi la situazione della famiglia umana è mutata? Esiste una verità che sia in grado di orientarci ancora oggi?
Nella riflessione che segue cercherò di rispondere a queste due domande. Essa pertanto sarà divisa in tre parti: la condizione attuale del matrimonio e della famiglia, seguita da una breve esposizione delle cause della attuale crisi dell’istituto familiare; e la terza parte verterà sulla capacità della ragione umana di conoscere, proclamare e difendere la verità sulla famiglia

1. Alcune considerazioni essenziali sull’oggi della famiglia

Ritengo che all’inizio del terzo millennio sia accaduto un cambiamento radicale specialmente in Occidente nel considerare il matrimonio e quindi la famiglia: siamo dinnanzi a una svolta epocale.

La proposta cristiana circa il matrimonio e la famiglia, datata con la venuta di Cristo, l’Occidente ha sempre avuto difficoltà ad accettarla sul piano pratico. È stato un atteggiamento che potrei riassumere nel modo seguente: "questo modo di concepire e di proporre il matrimonio è vero, è bello, ma non è praticabile nella sua interezza". Non è la sua verità in questione, ma la sua praticabilità. Soprattutto era giudicata tale la dottrina cristiana circa l’indissolubilità e, soprattutto dal secolo scorso, la dottrina circa la procreazione responsabile.

Questa, diciamo, contestazione ha anche indubbiamente favorito un approfondimento, una sempre maggiore precisazione da parte della Chiesa cattolica della sua dottrina. E da Leone XIII in poi gli interventi magistrali sono andati via via crescendo, fino all’imponente magistero di san Giovanni Paolo II.

In questi ultimi decenni tuttavia è avvenuta, ed è ancora in atto, un cambiamento radicale. Non è la praticabilità della proposta cristiana che è messa in questione; è la sua verità. Anzi è andata messa in discussione progressivamente la verità dell’istituto matrimoniale come tale. Mi spiego, partendo proprio da questo punto.

Da sempre, l’Occidente aveva pensato che l’istituto matrimoniale, pur nella varietà delle forme in cui era giuridicamente regolamentato e quotidianamente vissuto, avesse una sua propria natura. Non tutto nel matrimonio è convenzionale, e quindi negoziabile. Esiste uno "zoccolo duro", cioè una verità del matrimonio indipendente dalle vicissitudini storiche.

Che cosa è accaduto, e sta accadendo? Viene negato che nel matrimonio esista "qualcosa" che le convenzioni umane, civili, non possono cambiare. Più precisamente si sostiene che il matrimonio non sia per sua natura stessa un’unione legittima etero-sessuale in ordine alla procreazione-educazione dei figli; può anche essere un’unione legittima omo-sessuale, e la procreazione può essere legittimamente perseguita separatamente dalla sessualità coniugale.

Chi stabilisce se il matrimonio è fra persone di sesso diverso o uguale? Si sostiene: l’autonoma decisione del singolo, che gli ordinamenti giuridici devono semplicemente riconoscere senza discriminazioni di sorta.

Spero sia chiaro ora in che cosa consiste la svolta epocale di cui parliamo. Non viene detto: la proposta cristiana è impraticabile; viene detto: essa è falsa.

Dobbiamo però precisare che il matrimonio è qualcosa di singolare nella dottrina cristiana. Esso è uno dei sette sacramenti, ma non è stato "inventato" da Gesù Cristo. La sacramentalità presuppone sempre ciò che possiamo chiamare il matrimonio naturale, vale a dire ciò che definisce l’istituto matrimoniale come tale. Per questo motivo, la contestazione non coinvolge solo la Chiesa ma anche e soprattutto la società civile e la sua sovrana organizzazione giuridica, cioè lo Stato.

La mutazione sostanziale nei confronti del matrimonio ha comportato la mutazione sostanziale delle fondamentali relazioni che costituiscono la famiglia: paternità/maternità – filiazione – fraternità.

Non considerando l’etero-sessualità elemento costitutivo dell’istituto matrimoniale, allora i “riformisti” sono costretti a mutare la definizione di paternità-maternità. Noi affermiamo invece che la generazione della persona e la sua genealogia sono radicate nella biologia e la trascendono senza negarla. È nella biologia della persona che è inscritta la genealogia della persona (cfr san Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 2 febbraio 1994 9,1). La relazione fondamentale paternità/maternità – figliazione, se viene sradicata dalla biologia, allora deve essere anche ridefinita ex novo.

Continuiamo a parlare di coniugi, di paternità/maternità; gli ordinamenti giuridici continuano
ad avere i loro istituti. Ma sono pezzi, cioè termini che non veicolano più significati univoci

Chi è il padre/la madre? Chi ha dato il seme oppure chi si attribuisce il bambino? Chi ha dato l’ovulo oppure chi accoglie il bambino? Si sostiene che la relazione diventa definibile secondo le convenzioni accettate e legalmente trascritte. Il convenzionalismo che ha investito l’istituto matrimoniale ha inevitabilmente coinvolto l’istituto famigliare.

Alla fine, in che condizione si trova l’Occidente a riguardo del matrimonio e della famiglia? Posso rispondere servendomi di un esempio.

Si può distruggere un edificio in due modi. Con una bomba, e lo rado al suolo; oppure lo decostruisco pezzo per pezzo. Nel primo caso, alla fine ho solo polvere e macerie; nel secondo caso ho ancora tutti i pezzi ma non ho più l’edificio. È accaduta al matrimonio e alla famiglia la seconda cosa. Abbiamo ancora tutti i pezzi. Continuiamo a parlare di coniugi, di paternità/maternità; gli ordinamenti giuridici continuano ad avere i loro istituti. Ma sono pezzi, cioè termini che non veicolano più significati univoci, essendo stati estratti dall’insieme che li definiva.

2. Principali cause che hanno portato a questa situazione

Quali cause hanno portato a questa situazione?

Fenomeni culturali come questo sono processi storici assai complessi. L’individuazione delle loro cause forse rischia una semplificazione eccessiva. Comunque, abbiamo il bisogno di capire, e si capisce un fenomeno quando se ne conoscono le cause.

Sembra che le cause principali siano soprattutto le tre seguenti, strettamente connesse:   

- progressiva declinazione individualista delle fondamentali esperienze umane (il mito dell’auto-realizzazione e del sovrano diritto soggettivo);

- oscurarsi della verità e del senso della diversità sessuale;

- la libertà pensata e vissuta come pura auto-determinazione.

Diciamo qualcosa brevemente su ciascuna di queste cause.

A) La vita coniugale è espressione e realizzazione della condizione della persona umana, che si realizza nella relazione con l’altro.

La relazione con l’altro può essere pensata – più concretamente, la socialità – in due modi differenti, e vissuta di conseguenza. Declinata secondo due possibili paradigmi:

-          se si concepisce la relazione con l’altro come una dimensione congenita della persona, un bene umano naturale, la società sarà vissuta come la realizzazione integrale della propria umanità: la perfezione di se stessi è un bene relazionale; è cioè un bene che consiste in una relazione.

-          se si concepisce la relazione con l’altro non una dimensione congenita, ma il frutto di una convenzione o contrattazione reciproca, l’associarsi verrà pensato e vissuto come una necessità dovuta alla ricerca del proprio bene, della propria felicità individuale: non esistono beni relazionali, avendo la relazione carattere di mera utilità per il proprio benessere; è il mito del proprio benessere e della sovranità dei diritti soggettivi.

Se chiamiamo il primo paradigma "paradigma personalista", ed il secondo "paradigma individualista", si può dimostrare che il secondo ha avuto nettamente vittoria nella coscienza che l’uomo ha di sé in Occidente.

Questa vittoria impedisce ancora di accettare la visione che fino ad allora l’Occidente aveva avuto del matrimonio, trasformandolo da "communio totius vitae" a contrattazione fra due diritti sovrani alla propria felicità individuale; vale a dire alla soggettiva autorealizzazione. E ogni contrattazione è sempre istituita sulla base del dare e dell’avere, con la clausola tacita del recesso. Qui troviamo una delle ragioni più profonde della progressiva equiparazione, anche giuridica, del matrimonio alla libera convivenza, e la progressiva legittimazione di questa.

B) La declinazione individualista dell’humanum è causata anche dal progressivo oscurarsi della verità e bontà della diversità sessuale.

Siamo in difficoltà culturale, noi post-moderni, nel vedere l’altro come “differente”: ma quale differenza è più invalicabile di quella dell’essere maschi e dell’essere femmine?

La diversificazione sessuale è sempre stata vista dagli uomini intelligenti come uno dei significati fondamentali della verità della persona umana, di ciò che è la persona umana. Il secondo capitolo della Genesi lo dice in maniera assai suggestiva.

La diversificazione sessuale dice che l’humanum non coincide interamente né colla mascolinità né colla femminilità; non coincide con la riduzione omologante dei due. Ma consiste nell’affermazione di ciò che è proprio di ciascuno dei due, all’interno di una relazione che, su un piano di uguale dignità, orienta e l’uomo e la donna alla pienezza della loro umanità.

L’istituzione matrimoniale nasce da questa visione. Se invece mi colloco dentro a quella che chiamiamo declinazione individualista dell’humanum; se perdo di vista il fatto che la persona umana è uomo e donna; se - aggiungo – la procreazione è sradicata dall’esercizio della sessualità, non si capisce più la definizione eterosessuale dell’istituzione coniugale, e allora accetto anche  la definizione omosessuale del medesimo. Cosa che sta puntualmente accadendo.

Ora questi due primi processi culturali hanno influito sulle relazioni famigliari.

Il primo processo ha cambiato la considerazione del figlio come dono, come persona che è attesa in se stessa e per se stessa, nel figlio come diritto, come ciò di cui ho bisogno per la mia auto-realizzazione.

Il secondo processo ha combinato un guaio ancora più grave: ha reso sempre più difficile la generazione dei figli (cambiamento demografico).

la libertà non è più pensata come capacità di auto-donazione, ma come capacità
di affermazione di se stessi a prescindere dall’altro

C) Il terzo processo riguarda la concezione di libertà. Con questo tocchiamo, penso, il fondo del dramma dell’uomo di oggi.

È una libertà che viene sradicata dalla verità circa il bene ed il male; che viene vissuta come una realtà prima; che viene sempre più vissuta come spontaneità.

In questo modo di vivere la propria libertà, la proposta cristiana circa il matrimonio diventa non impraticabile, ma impensabile.

Per quale ragione? Perché libertà e definitività sono pensate come grandezze inversamente proporzionali; perché la libertà non è più pensata come capacità di auto-donazione, ma come capacità di affermazione di se stessi a prescindere dall’altro.

La libertà è un bene da condividere, perché è un bene per natura sua relazionale. Il cristianesimo, con san Paolo, porterà all’estrema conseguenza questa grammatica comune della libertà: essa è servizio; è dono; è oblativa, non possessiva. L’istituto matrimoniale si nutriva di questo terreno. Sradicato da esso, il matrimonio è divenuto privo di vita; esso è sempre più impensabile come progetto di vita.

3. Conclusione - La ragione umana, la fede cristiana e la verità sulla famiglia

Se accosto due poli della corrente elettrica, scocca la scintilla. Se accosto una conoscenza razionale della situazione della famigliae una conoscenza umana permeata dalla fede cristiana, scocca la scintilla del discernimento, vale a dire acquisisco la conoscenza della verità e posso pertanto viverla! 

Il senso della fede, che dà all’uomo la capacità di comprendere e di discernere "è un dono che lo Spirito partecipa a tutti i fedeli nella Chiesa cristiana. I laici, anzi, in ragione della loro particolare vocazione, hanno il compito specifico di interpretare alla luce di Cristo la storia di questo mondo, in quanto sono chiamati ad illuminare e ordinare le realtà temporali secondo il disegno di Dio Creatore e Redentore" (cfr. San Giovanni Paolo II  - Familiaris consortio, 5).

Ogni uomo vive di tre certezze di fondo che la ragione umana conosce e permette a lui la propria e piena realizzazione mediante il dono sincero di sé.

Prima certezza. Il matrimonio e la famiglia sono realtà "naturali". Essi si radicano profondamente nella natura stessa della persona umana.

Ascoltiamo l’incipit della parte seconda della Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II: "Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza: chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore". La natura della persona umana è costituita dal suo essere "ad immagine e somiglianza" di Dio. L’intera natura della persona umana è definita dalla sua "vocazione all’amore". Dice il testo: "Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale di amore. Creandola a sua immagine … Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano" (cfr. Familiaris Consortio, 11,2). L’uomo è costituito in ordine all’amore: la sua natura è orientata all’amore. Ne deriva che, come ha scritto Giovanni Paolo II nell’Enc. Redemptor hominis, "L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente" (10,1; EE 8/28).

È necessaria una precisazione. La definizione di uomo non deve essere intesa nella luce di un’affermazione del primato dell’etica sull’ontologia. L’uomo non è definito da una esigenza; da un dovere; da una vocazione neppure: è definito dall’essere egli fatto in modo tale che l’amore ne indica la perfezione, il bene ultimo. È dentro a questa verità che si comprende l’affermazione forse più profonda fatta dal Concilio Vaticano II sull’uomo: "Questa similitudine - una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nell’amore-  manifesta che l’uomo … non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé" (Cost. Past. Gaudium et Spes 24,4). L’uomo può perdere il proprio "se stesso": può cioè dilapidare la sua umanità e quindi compiere una pseudo-autorealizzazione. Questo sperpero accade quando non realizza se stesso nel dono di sé.

Matrimonio e famiglia sono radicati nella natura della persona umana perché sono in grado di esprimere l’intimo orientamento al dono di sé che la definisce. Matrimonio e famiglia non sono "estranei" alla natura della persona umana, ma sono parte della sua struttura intima.

La seconda certezza è che matrimonio e famiglia entrano nella storia della salvezza, sono una realtà dell’economia divina della salvezza.

Questa realtà viene descritta nel mondo seguente: "La comunione d’amore tra Dio e gli uomini, contenuto fondamentale della Rivelazione e dell’esperienza di fede di Israele, trova una sua significativa espressione nell’alleanza sponsale, che si instaura fra l’uomo e la donna. È per questo che la parola centrale della Rivelazione, "Dio ama il suo popolo" viene pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale. Il loro vincolo diventa l’immagine e il simbolo dell’Alleanza che unisce Dio e il suo popolo" (Familiaris Consortio,12,1-2).

La coniugalità è in grado di esprimere non tutta ma una dimensione dell’amore di Dio per l’umanità (cfr. 16,1). Tutti i colori dell’iride sono presenti nella luce, ma è necessario lo spettro per vederli. Tutte le forme dell’amore, del dono di Sé, sono presenti nell’auto-donazione di Cristo sulla Croce. Ma la ricchezza del tutto ha bisogno del frammento per farsi conoscere. Nello stesso tempo però il frammento rimanda sempre al tutto: l’amore coniugale rimanda per sua natura oltre se stesso, verso una pienezza d’essere che esso non è capace né di promettere né di realizzare (cfr. san Paolo, 1Cor 7,29).

La terza certezza di fondo riguarda la relazione esistente fra la natura della persona umana e il matrimonio-sacramento nella Chiesa cristiana.

Afferma Giovanni Paolo II nella Esortazione apostolica Familiaris Consortio : "In questo sacrificio - quello di Cristo sulla Croce- si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell’umanità dell’uomo e della donna, fin dalla loro creazione" (13,2: in nota si cita Ef 5,32). E poco più sotto: "L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce" (ib.).

Il fine verso cui guardava Dio creatore nel momento in cui creava la persona umana, era "il sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa". È questo avvenimento il "punto gravitazionale" della persona umana.

Significa che l’amore, inteso come dono di sé a cui la persona è finalizzata, quando assume la forma della coniugalità, non è perfetto fino a quando non è elevato a carità coniugale.

Tornerei per finire a quello che ho detto all’inizio: Familia, quid dicis de te ipsa
Forse la famiglia ha cercato di rispondere a questa domanda: Quid dicis de te ipsa? Ecco: “Io sono”, dice la famiglia. “Perché tu sei?”: Io sono perché Colui che ha detto di se stesso, “Solo Io sono quello che sono”, mi ha dato il diritto e la forza di essere. Io sono, io sono famiglia, sono l’ambiente dell’amore; sono l’ambiente della vita; io sono. 
Che cosa dici di te stessa? Quid dicis de te ipsa? Io sono “gaudium et spes”! E così possiamo terminare questa riflessione.  

Milano, 13 maggio 2024